
Il produttre Sina Ataeian Dena con il Pardo d’oro assegnato a “Critical Zone” dell’iraniano Ali Ahmadzahed (foto dal sito di Locarno 76)

Il regista rumeno Radu Jude con il Premio speciale della giuria per il suo “Do Not Expect Too Much from the End of the World” (foto dal sito di Locarno 76)
Sì, è stato un buon Locarno, un buonissimo concorso quello messo a punto dal direttore artistico Giona Nazzaro, con almeno 5 o 6 titoli a contendersi il Pardo d’oro (sono quelli nelle prime posizioni della mia classifica). Che è stato assegnato dalla giuria presieduta da Lambert Wilson Critical Zone dell’iraniano Ali Ahmadzahed, che non ha potuto essere a Locarno perché privato del passaporto e sotto stretta sorveglianza da parte del regime. Vittoria che non è una sorpresa, anche se il superfavorito della vigilia era Radu Jude con il suo titanico Non aspettarti troppo dalla fine del mondo, di gran lunga quanto di più importante si sia visto a Locarno 76: se lo meritava lui il massimo premio e non basta avergli dato quello speciale della giuria a sanare il vulnus. Ma così vanno i festival (per dire, Almodovar non ne ha mai vinto uno, Mira Nair, Bille August e altri minorissimi invece sì) e, diversamente da quanto successo altre volte, almeno qui il film prescelto è più che rispettabile. Jude ha signorilmente incassato la parziale sconfitta, ritirato il (chiamiamolo impropriamente) Pardo d’argento e ringraziato, non come Kaurismaki e Kore-eda allo scorso Cannes che non si sono nemmeno presentati alla cerimonia di chiusura a ricevere i loro premi minori (che c’entrasse per caso la delusione per la mancata Palma andata invece a Anatomia di una caduta di Justine Triet?). Critical Zone è un film che vale, uno sguardo differente lanciato sull’Iran inquieto, nichilista, rabbioso, nascosto sotto la coltre del conformismo imposto dal regime di imam e ayatollah. Difficile però non pensare che sulla decisione della giuria abbiano pesato motivi extrafilmici: la condizione di perseguitato del regista, l’essere il suo un cinema, anche se non immediatamente politico e di resistenza, di opposizione di fatto per come mostra un paese disallineato rispetto al potere.
Non si discute il premio per la migliore regia all’ucraina Maryna Vroda per il suo notevole – una rivelazione – Stepne, un lavoro sulla memoria, e sulla Storia, animato da un afflato umanista oggi raro da trovare al cinema. Nello speech di ringraziamento la regista ha ricordato senza retorica la condizione del suo paese invitandoci a non chiudere gli occhi. Molti applausi. Nesun accenno in Stepne al conflitto in corso, sicché non si può certo accusarlo di essere ricattatorio verso pubblico, critici, giurati. Ribadisco: premio meritato, e se si è voluto anche rendere omaggio all’Ucraina aggredita va benissimo. Quanto ai pardo per la migliore interpretazione: Locarno ha deciso di abolire da questa edizione la tradizionale bipartizione tra premio al maschile e al femminile puntando sul gender-neutral: lo ha fatto già Berlino un paio di anni fa, non lo hanno fatto invece Cannes e Venezia. La bizzarria è che, mentre alla Berlinale il premio è diventato unico, assegnato a uomo o donna o a interprete non-binario che sia, qui invece sono rimasti due, entrambi andati a donne. C’è una falla logica in tutto ciò, sarebbe più coerente che anche qui il premio diventasse uno solo. Comunque, nulla da eccepire sulla scelta di Dimitra Vlagopoulou che nel greco Animal è strepitosa quale animatrice da villaggio turistico sull’orlo del collasso psichico. Lo stesso vale per l’olandese Renée Soutendijk, la parte migliore di un film molto al di sotto delle sue ambizioni come Sweet Dreams. Chissà perché nessuno o solo pochissimi che io sappia ha ricordato come Soutendijk sia un’attrice-simbolo del cinema olandese, una gloria nazionale, l’attrice-feticcio del Paul Verhoeven di Il quarto uomo (1983) e Spetters (1980). Sta un po’ stretta la menzione speciale a Nuit obscure, il documentario di Sylvain George che ci restituisce dal di dentro la realtà dei nuovi migranti, nella fattispecie i “minori non accompagnati” che danno l’assalto all’exclave spagnola di Melilla in Marocco per poi da lì raggiungere l’Unione europea: meritava anche di più, ma gli slot del palmarès locarnese sono limitati, c’è posto per pochi (non sarebbe il caso di introdurre un paio di riconoscimenti in più?), ed è un peccato in un’annata ottima come questa.
La giuria ha fatto il suo onesto lavoro (ai festival s’è visto di peggio, ricordo solo per stare in tempi recenti gli sciagurati palmarès di Cannes 2021 e 2022,) e però le è mancato il coraggio fecondo della mossa non prevedible, dell’azzardo. Spiace che dalla lista dei riconosciuti sia rimasto fuori uno dei vertici di Locarno 76, l’argentino El Auge del Humano 3, certo ostico, impopolare (anche tra gli stessi critici), respingente, ma dargli un premio, non dico il Pardo d’oro, avrebbe voluto dire scommettere su un cinema futuro e incognito e aiutarne la circolazione. Escluso dal palmarès anche Quentin Dupieux, sempre molto stimato e bene accolto, mai premiato. Eppure ha portato a Locarno un film, Yannick, che è forse il suo più maturo, perfetto per costruzione, architettura, scrittura, messinscena. Troppo ammodo e mainstream, secondo alcuni, per un irregolare come lui. E se ci fosse stato più spazio un posto al sole avrebbero potuto trovarlo anche l’israeliano The Vanishing Soldier e Patagonia del nostro Simone Bozzelli. Un’ultima annotazione per il Swatch First Feature Award, prmio alla migliore opera prima tra quelle prsentate nella varie sezioni del festival, l’equivalente locarnese della Caméra d’or di Cannes. Se lo è portato via Hao Jiu Bu Jian (Dreaming & Dying) del singaporese Nelson Yeo, vincitore anche come migliore film a Cineasti del presente, la sezione seconda nel ranking del festival. Un film costruita su diversi livelli spaziotemporali che non ha niente però a che spartire con i multiversi ormai straripanti nei giocattoloni-blockbuster, parecchio se mai con il fluire delle esistenze secondo la visione buddista. Un film complicato e labirintico, enigmatico, quale e là con qualche limite di messinscena (non ha aiutato credo lo scarno budget), ma impavido nell’esplorare le frontiere del cinema oggi e nell’affermare un’identità oriental-asiatica. Con un qualche debito, come El Auge del Humano 3, a Apichatpong Weerasethakul (e a Tsai Ming Liang). Giustamente premiato due volte. Aggiungo solo che al REFF, il Ribalta Experimental Film Festival che si tiene ogni anno a Vignola e dedicato ai corti sperimentali da tutto il mondo, ero nel 2021, alla sua prima edizione, in giuria. Bene, si assegnò il massimo riconoscimento al giovane Nelson Yeo e al suo Mary, Mary So Contrary. Ed è bello vedere come il ragazzo abbia fatto strada e sia arrivato a Locarno 76 pcon un simile, clamoroso risultato, Non è il solo ad avere corso forte dopo quel REFF: si diede un premio anche a Stay Awake, Be Ready del vietnamita Thien An Pham, ritrovato a Cannes 2023 alla Quinzaine con un film straordinario di tre ore, Inside the Yellow Cocoon Shell, premiato a fine festival nientemeno che con la Caméra d’or come migliore opera prima.
Sul palmarès di Cineasti del presente e su Dreaming & Dying tornerò spero con un commento più articolato. Intanto, la lista di premi e premiati delle due sezioni più importanti. Ometto quella dei corti, la potete comunque trovare sul sito del festival.
TUTTI I PREMI DEL CONCORSO INTERNAZIONALE assegnati dalla giuria composta da Lambert Wilson (presidente), la cineasta Charlotte Wells, autrice di Aftersun (2022),Matthijs Wouter Knol, CEO e Direttore della European Film Academy, Lesli Klainberg, Presidente del Film at Lincoln Center e l’attrice iraniana Zar Amir Ebrahimi, miglior attrice a 2022 per Holy Spider.
Pardo d’oro per il miglior film
MANTAGHEYE BOHRANI (CRITICAL ZONE) di Ali Ahmadzadeh, Iran/Germania
Premio speciale della giuria
NU AȘTEPTA PREA MULT DE LA SFÂRȘITUL LUMII (DO NOT EXPECT TOO MUCH FROM THE END OF THE WORLD) di Radu Jude, Romania/Lussemburgo/Francia/Croazia
Pardo per la migliore regia
Maryna Vroda per STEPNE, Ucraina/Germania/Polonia/Slovacchia
Pardo per la migliore interpretazione
Dimitra Vlagopoulou per ANIMAL di Sofia Exarchou, Grecia/Austria/Romania/Cipro/Bulgaria
Pardo per la migliore interpretazione
Renée Soutendijk per SWEET DREAMS di Ena Sendijarević, Paesi Bassi/Svezia/Indonesia/La Réunion
Menzione speciale
NUIT OBSCURE – AU REVOIR ICI, N’IMPORTE OÙ di Sylvain George, Francia/Svizzera
TUTTI I PREMI DEL CONCORSO CINEATI DEL PRESENTE assegnati dalla giuria composta dalla Delegata Generale della Settimana internazionale della Critica di Venezia, Beatrice Fiorentino, dalla regista franco-tunisina Erige Sehiri e dalla cineasta tedesca Helena Wittmann.
Pardo d’oro Concorso Cineasti del presente per il miglior film
HAO JIU BU JIAN (DREAMING & DYING) di Nelson Yeo, Singapore/Indonesia
Premio per la o il miglior regista emergente
Katharina Huber per EIN SCHÖNER ORT, Germania
Premio speciale della giuria
CAMPING DU LAC di Éléonore Saintagnan, Belgio/Francia
Pardo per la migliore interpretazione
Clara Schwinning per EIN SCHÖNER ORT di Katharina Huber, Germania
Pardo per la migliore interpretazione
Isold Halldórudóttir e Stavros Zafeiris per TOUCHED di Claudia Rorarius, Germania
Menzioni Speciali
EKSKURZIJA (EXCURSION) di Una Gunjak, Bosnia-Herzegovina/Croazia/Serbia/Francia/Norvegia/Qatar
NEGU HURBILAK di Colectivo Negu, Spagna
PREMIO PER LA MIGLIORE OPERA PRIMA (Swatch First Feature Award) assegnato dalla giuria composta dalla critica cinematografica e programmer indo-americana Devika Girish, il regista egiziano Omar El Zohairy e la cineasta filippina Isabel Sandoval.
HAO JIU BU JIAN (DREAMING & DYING) di Nelson Yeo, Singapore/Indonesia
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