Clik here to view.

Mrs. Fang
Azzardare un pronostico sui possibili vincitori di un festival è impresa sempre più ardua, ai limiti della divinazione. I palmarès dell’ultimo anno, da Berlino a Venezia a Cannes allo stesso Locarno 2016, hanno privilegiato outsider (The Square a Cannes, il film di Lav Diaz a Venezia), quando non addirittura titoli che nessuno aveva pronosticato (il bulgaro Godless, l’anno scorso qui a Locarno). Succede quando non ci sia un film che si stacchi nettamente e metta d’accordo in giuria tutti o quasi. Come a Cannes nel 2011 con Amour di Haneke e l’anno dopo con La vie d’Adèle di Kéchiche.
Il profilo del presidente di giuria di questo Locarno 70, Olivier Assayas, regista che ultimamente ci ha raccontato l’irruzione dell’inconoscibile, del supernatural nel quotidiano (Sils Maria, Personal Shopper), farebbe pensare al pardo per Madame Hyde di Serge Bozon – e lo spero fortemente perché è il mio preferito del concorso -, un film che ha non poche affinità con la sua visione di cinema. Ma il vero favorito è Mrs. Fang di Wang Bing, il documentarista cinese che negli ultimi dieci-quindici anni ha scavato negli anfratti e nei margini del suo paese travolto dalla modernizzazione. E che stavolta ha realizzato un film più intimo, concentrandosi sugli ultimi giorni di vita di una signora affetta da Alzheimer. Non è la sua cosa migliore (lo slittamento anzi il tuffo nel cinema del dolore non è sempre evitato), ma tocca un tema cui nessuno è insensibile, lui è in attesa da anni del riconoscimento definitivo, e insomma tutto congiura per il Pardo in quella direzione. Molto è piaciuto alla stampa il palestinese Wajib, non granché innovativo formalmente e linguisticamente, ma assai efficace nel raccontare in forma di wedding comedy la vita dei palestinesi d’Israele. Oltretutto girato da una donna, che di questi tempi politicamente corretti assicura una chance in più. Sono legioni i tifosi dell’americano Lucky, ma, più che il Pardo, vedo probabile il premio come migliore attore a Harry Dean Stanton. Isabelle Huppert, se il mondo fosse logico e razionale, dovrebbe portarsi via senza discussioni il premio come migliore attrice per Madame Hyde. Credo, temo invece che andrà da un’altra parte, alla Johanna Wokalek di Freiheit o alla Isabel Zuaa del brasiliano As Boas Maneiras. Poi, certo, tutto può succedere. Che entrino nel palmarès 9 Doigts del francese F.J. Ossang, possente nella sua intransigenza autoriale, ma detestato da quasi tutta la stampa (non da me). O il cinese Dragonfly Eyes (Qing Ting zhi yan), la vera sorpresa del concorso. O l’enigmatico e figurativamente folgorante Winter Brothers. E c’è la questione Raul Ruiz-La telenovela errante (vedi alla voce ricattatoria ‘Film postumo di un maestro). Un premio bisognerà darglielo, sennò perché l’avrebbero messo in concorso? Resta solo da vedere quale.
Per Cineasti del presente, la rassegna seconda in ordine di importanza, probabile che il massimo premio vada al turco Meteorlar (Meteore), ibrida operazione tra documentarismo e cinema cosmico alla Malick – in bianco e nero, che in zona premi aiuta sempre – che va a trattare i più recenti sviluppi della questione curda. Io spero che anche Distant Collection – casa di riposo a Istanbul che è un’urna delle memorie della città - si porti a casa qualcosa.
Clik here to view.

Il turco ‘Meteorlar’, favorito a Cineasti del presente